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Patologia


Enviado por   •  19 de Septiembre de 2012  •  3.684 Palabras (15 Páginas)  •  253 Visitas

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INTRODUZIONE

1. Vallombrosa

Geograficamente la Riserva Naturale Biogenetica di Vallombrosa è situata nella valle dell’Arno, tra Firenze e l’aretina valle del Casentino, totalmente compresa nel comune di Reggello(FI), sulla catena montuosa che staccandosi dall’Appennino tosco-emiliano fra i Monti Campaccio e Falterona, si protende verso sud- est fino alla Consuma.

Il complesso demaniale amministrativo ha la forma di pentagono irregolare, è interamente boscato e si espande per 1279 ettari sul versante occidentale del massiccio del Pratomagno tra la cima del M. Secchiata (1449m s.l.m.) fino all’abitato di Tosi (500m s.l.m.) in direzione nord-ovest.

Dal punto di vista idrografico,il territorio della riserva è compreso nella porzione sinistra del sottobacino del fiume Vicano.

Qui si versano numerosi affluenti che con le loro ramificazioni secondarie attraversano quasi parallelamente tutta la superficie in direzione sud- est nord-ovest.

Salvo il torrente Vicano di Vallombrosa, tutti i corpi idrici hanno scarsa importanza idrografica, breve lunghezza, e carattere decisamente torrentizio con magre estive prossime a zero.

Abbondano invece piccole sorgenti d’acqua perenni.

Vallombrosa è situata in posizione tale da ben rilevare le condizioni medie della zona.

La temperatura media annua è di 10,5 gradi centigradi, quella del mese più caldo 19, mentre quella del mese più freddo 1,5 gradi centigradi.

L’area è esposta alle gelate da ottobre( precoci) e talvolta a quelle tardive ( aprile-maggio).

La pioggia media annua supera i 1300 mm, è ripartita in circa 110 giorni e presenta massimo principale in autunno e minimo estivo.

Le piogge estive sono mediamente superiori ai 150mm, ma non di rado si anno annate siccitose con meno di 70mm.

Le precipitazioni nevose sono frequenti ma il manto non permane a lungo.

A ciò fanno eccezione le quote poste sopra i 1300 metri di quota, ove la neve permane per tutto il periodo invernale andando a costituire una preziosa riserva idrica.

I venti dominanti sono quelli del primo e terzo quadrante che spirano talvolta con violenza.

Secondo la classificazione fitoclimatica del Pavari, la foresta di Vallombrosa rientra nel castanetum al di sotto dei 1000 metri e nel fagetum al di sopra di essi.

Fatte salve le aree occupate da infrastrutture, il territorio della Riserva è interamente occupato da popolamenti forestali: l’indice di boscosità è del 99%.

La formazione boschiva più importante è senz’altro la fustaia pura di A.bianco ( 664 Ha), introdotta artificialmente a partire dal 1300 tra i 1000 e i 1300 metri di quota.

A seguito della cessata coltivazione a taglio raso e rinnovazione artificiale posticipata, la fustaia sta lentamente evolvendo alle quote superiori verso un popolamento misto di A. bianco e Faggio, e alle quote medie e inferiori in formazioni miste di A. bianco, Pini ( laricio, e Pino nero d’Austria) e latifoglie: prevalentemente Castagno e sporadicamente Carpino nero, Faggio, Orniello, Cerro, Roverella e Acero di monte.

La fustaia di Faggio è la seconda formazione forestale della Riserva per diffusione. Di origine in parte artificiale e in parte naturale, occupa una superficie di 186 Ha compresi tra i 1000 e i 1450m s.l.m.

Al limite altitudinale inferiore della Riserva si trovano pinete di origine artificiale di Pino laricio di provenienza calabrese (139 Ha) e douglasiete anch’esse di origine artificiale (58 Ha).

Nella medesima area vi sono anche boschi cedui misti di Castagno, Acero di monte, Cerro, Roverella, Carpino nero,Faggio e Orniello(93 Ha), e boschi cedui di Castagno (58Ha) oggi in fase di soprassuolo transitorio nell’ ambito del processo di conversione a fustaia per via naturale.

MANDRI

Mandri è una frazione del comune di Londa (Fi) situata a circa 850 m. s.l.m. di quota. I territori in cui sorge sono ricoperti in gran parte da formazioni boschive; nella parte inferiore da Castagno, Cerro e Roverella, mentre salendo di quota e raggiungendo i confini del Parco Nazionale delle Foreste Casentinesi, da Faggio e rimboschimenti di Pino nero, Douglasia e A.bianco.

Un tempo località molto importante per la castanicoltura, oggi, dopo l’abbandono ti tale pratica, è ricordata solo come località di passaggio tra le aree fiorentine e il Casentino.

BREVE RICHIAMO DELLE PRINCIPALI AVVERSITA’ BIOTICHE DELLE SPECIE FORESTALI PRESENTI NELLE AREE DI STUDIO

Genere Armillaria( in particolare A. Mellea)

Armillaria mellea è un fungo parassita di piante arboree, in cui provoca il "marciume radicale fibroso". Esternamente la corteccia delle grosse radici appare depressa e imbrunita; sotto di essa compaiono placche di micelio di colore bianco-crema, che si insinuano tra il tessuto corticale e il tessuto legnoso, per cui la corteccia finisce per staccarsi facilmente dal legno sottostante. La chioma della pianta appassisce e muore, mentre alla base delle piante attaccate compaiono i corpi fruttiferi del fungo. Il parassita si propaga nel terreno a macchia d'olio attraverso cordoni di ife dette "rizomorfe", per cui passa dalle piante malate a quelle sane. La lotta si effettua con l'estirpazione delle piante colpite; la buca deve essere disinfettata con prodotti chimici.

rizomorfe di Armillaria.

Cancro del castagno

La malattia più pericolosa per il castagno è costituita dal cancro della corteccia provocato dal fungo ascomicete Cryphonectria parasitica

(Murr.) Barr. conosciuto un tempo come Endothia parasitica (Anderson & Anderson). Questo patogeno, che è di origine asiatica, ma è giunto in Europa negli anni trenta dal nord America con il trasporto di materiale infetto, è responsabile di una grave patologia che per molti anni ha fatto temere per le sorti del castagno nel nostro ambiente.

L’azione del fungo sulla corteccia dei giovani fusti e rami provoca delle necrosi (cancri) che si estendono fino a circondare i rami. La corteccia degli organi colpiti assume una colorazione scura, si disidrata, si deprime e si fessura fino a mettere a nudo il legno causando la morte della parte epigea. Attorno alla parte necrotizzata si sviluppano le fruttificazioni del fungo riconoscibili come piccoli cuscinetti (circa 1 mm) miceli giallo- rossastri emergenti dalla corteccia morta. Tali strutture si sviluppano specialmente durante i periodi umidi con temperature miti. All’interno dei cuscinetti si differenziano i picnidi da cui vengono emessi all’esterno i conidio- spore fusiformi, immerse in

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