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Il Postmoderno


Enviado por   •  13 de Octubre de 2018  •  Tesinas  •  3.721 Palabras (15 Páginas)  •  132 Visitas

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Il postmoderno

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Davide Giovannetti

Edmondo de Amicis

Esame di stato 2017

Introduzione

Già dal principio del XX secolo si possono individuare dei cambiamenti culturali, che evidenziano il seme di un cambiamento del pensiero, che porterà fino all’affermazione del momento storico definito come “postmoderno”; però, solo con la fine della seconda guerra mondiale, anche i più scettici hanno dovuto riconoscere queste trasformazioni ed accettarle come vere. Il pensiero postmoderno è  una conseguenza di una serie di eventi storici e sociali che hanno modificato i valori e la cultura dell’uomo. Uno dei primi di questi avvenimenti è stata la crisi del positivismo, scatenata dall’affermazione di nuove teorie scientifiche, come il Principio di indeterminazione di Heisenberg e la Teoria della relatività di Einstein, le quali hanno messo in dubbio la fisica classica e la concezione che si aveva della realtà a quell’epoca. Il positivismo, movimento che promuoveva il progresso umano attraverso una ragione tecnico-scientifica e concepiva l’uomo come il padrone della natura, si mette in discussione su tutto, alla fine della seconda guerra mondiale, con i bombardamenti atomici di Hiroshima e Nagasaki e le posteriori crisi nucleari (La crisi di Cuba, Chernobyl, l’attuale conflitto tra USA e Corea del Nord). Oltre a questo ci sono le crisi ambientali, accadute a causa dello smodato processo tecnologico, il sovrappopolamento e lo sfruttamento delle risorse naturali: crisi che la scienza inutilmente prova a risolvere. Di conseguenza, la società ha cominciato a perdere la fede nel progresso, scatenando uno scetticismo generale, fino al punto di negare l’utilità e la validità della scienza stessa per il miglioramento delle condizioni di vita dell’umanità.

Questa perdita di fede, però, non è avvenuta solo con la scienza, ma si sono anche perduti i valori, la morale, le credenze assolute: fatto descritto da Nietzsche come “la morte di Dio”.

Friedrich Nietzsche (1844-1900) è dei primi filosofi a mettere in discussione la morale, affermando che questa è solo la proiezione di certe tendenze umane e non una verità assoluta; giunge, così, a predicare la morte di Dio e di tutte le metafisiche. Questi concetti sono stati teorizzati da Nietzsche alla fine del XIX secolo, ma per i filosofi postmoderni sono diventati veri, senza dubbio e senza possibilità di tornare indietro, dopo una serie di tragici eventi storici (le guerre mondiali, gli orrori dei campi di concentramento, il fallimento del socialismo, ecc...)  che stanno alla base del rifiuto della modernità e dei suoi valori.

Come sembra aver predetto lo stesso Nietzsche nella sua opera Ecce Homo:  Il mio tempo non è ancora venuto, alcuni nascono postumi. […] Mi sembra necessario dire chi sono. La discrepanza tra la grandezza del mio compito e la piccolezza dei miei contemporanei si manifesta nel fatto che non mi hanno udito o anche soltanto visto. […] Non erigerò nuovi idoli; i vecchi possono cominciare ad imparare cosa comporta avere i piedi d’argilla. Rovesciare gli idoli (il mio termine per “ideali”) – è questo, piuttosto, che attiene al mio mestiere. La realtà è stata spogliata del suo valore, del suo senso, della sua veracità, nella misura in cui si è inventato un mondo ideale. […] Chi sa respirare l’aria dei miei scritti sa che è un’aria delle altitudini, un’aria forte. […] Conosco la mia sorte. Un giorno sarà legato al mio nome il ricordo di qualcosa di enorme – una crisi, quale mai si era vista sulla terra, la più profonda collisione della coscienza, una decisione evocata contro tutto ciò che finora è stato creduto, preteso, consacrato. Io non sono un uomo, sono dinamite. Trasvalutazione di tutti i valori: questa è la mia formula per l’atto con cui l’umanità prende la decisione suprema su se stessa, un atto che in me è diventato carne e genio. Vuole la mia sorte che io debba essere il primo uomo decente, che sappia oppormi a una falsità che dura da millenni… Io per primo ho scoperto la verità, proprio perché per primo ho sentito la menzogna come menzogna, la ho fiutata… Il mio genio è nelle mie narici… Io vengo a contraddire, come mai si è contraddetto”.

Notiamo, quindi, come Nietzsche sia, per certi aspetti del suo pensiero, l’annunciatore della crisi dei valori, con la conseguente affermazione del prospettivismo, che si verifica in modo particolare nella seconda metà del ‘900.

I cambiamenti culturali suscitati dal pensiero postmoderno hanno anche toccato le diverse arti. Nel linguaggio architettonico, il termine “postmoderno” è utilizzato per indicare il rifiuto della razionalità moderna e funzionalista del Novecento, che proponeva un’architettura internazionale, regolata, simmetrica e priva di decorazioni. L’architettura postmoderna, invece, propone un assemblaggio di dati e tendenze eclettiche, che possono persino non c’entrare nulla con la funzione dell’edificio. In letteratura, il concetto di postmoderno è utilizzato per segnalare la fine dell’umanesimo della letteratura tradizionale e per identificare il nichilismo presente nella nuova generazione di autori. Inoltre, si presenta l’idea che tutto sia già stato scritto, cosa che fece sì che gli autori comincino a utilizzare tecniche narrative nuove, come il pastiche,per evitare la cosiddetta “morte del romanzo”.

Lyotard

In filosofia, il termine “postmoderno” è stato introdotto da Lyotard (1924-1998), nel suo saggio La condizione postmoderna (1979). Da quella data in poi sono stati etichettati come postmoderni i filosofi che teorizzavano il fatto che la modernità, nei suoi tratti essenziali, fosse finita. È, infatti, proprio questo che teorizza Lyotard, quando intende il postmoderno come la fine dei “grandi racconti”, nelle società industriali avanzate e informatizzate. È appunto in queste società che si profila un tipo di cultura alternativo rispetto a quella moderna.

La modernità, secondo Lyotard, risulta caratterizzata da una serie di sintesi filosofico-politiche, che lui denomina “grandi racconti”, “grandi narrazioni” o “metanarrazioni”. Questi grandi racconti hanno la peculiarità di fornire una legittimazione del pensare o dell’agire in termini di “progresso” e di “emancipazione”, sulla base di una teoria unificata della storia, intesa come percorso diretto verso una meta prestabilita di natura positiva.

I principali grandi racconti della modernità, secondo Lyotard, sono: l’illuminismo e l’idealismo. Per il grande racconto illuminista il sapere appare legittimo nella misura in cui favorisce l’emancipazione e la libertà dei popoli. Il sapere, invece, per il grande racconto idealista appare legittimo se non segue finalità specifiche, ma si configura come la conoscenza speculativa e disinteressata che lo Spirito ha di se stesso. Altro grande racconto importante della modernità è il marxismo. Questo oscilla tra i metaracconti illuministico e idealistico, perché, da un lato, tende ad assumere la forma stalinista di un materialismo dialettico che riduce le scienze a citazioni di se medesimo e si presenta come sapere dei saperi; dall’altro tende ad assumere la forma critica di un sapere multidisciplinare che identifica il socialismo con la costruzione di un soggetto autonomo e le scienze con l’insieme dei mezzi offerti per la emancipazione del proletariato. A questi Lyotard aggiunge anche il metaracconto cristiano della salvezza attraverso l’amore di Dio (racconto che continua a condizionare tutt’ora) e il metaracconto capitalista dell’emancipazione dalla povertà attraverso lo sviluppo tecnico-industriale.

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